lunedì 30 giugno 2008

Il magnaccio

E' incredibile dirlo, ma sono d'accordo con Di Pietro, è l'unico in parlamento che dice le cose come stanno.
A parte che magnaccio non è un insulto, non è una parolaccia, ma poi è la verità, uno che raccomanda le veline è un magnaccio, un protettore, un pappone, non ci sono altre parole, se poi è il premier ancora peggio, abbiamo un premier pappone, oltre che ladro, corrotto e corruttore, riciclatore di denaro sporco e proprietario delle 3 principali televisioni private, di molti canali digitali e satellitari, di 3 case editrici, di vari giornali e agenzie di stampa e nello stesso tempo controllore della rai in quanto capo del governo...
Il fatto che il magnaccio sia il premier non cambia la realtà, rende solo più coglioni quelli che l'hanno votato!!!
Ha ragione Di Pietro a dire di non essere lui a doversi scusare, ma è Silvio che da quando governa pensa solo a risolvere i problemi suoi e dei suoi amici, ma d'altronde sono 14 anni che lo fa...
E mi spiace che Giordano,uscendo per un attimo dal limbo in cui siamo ormai relegati, lo abbia criticato, proprio da fuori il parlamento bisognerebbe sostenere con forza questa cose!
Va bè, povero Franco, credo che a fine luglio sarà casualmente ai Caraibi, proprio durante i giorni del congresso del Prc, in cui tra l'altro si stanno vedendo delle cose...
C'è gente che, da come parla, sembra sia stata fuori dall'Italia negli ultimi 15 anni, non si può osannare Bertinotti fino al 12 aprile e poi scaricarlo il 15 condannando tutte le scelte, a sinistra non dovrebbero esistere capri espiatori individuali, perché le scelte sono sempre fatte dal popolo dei militanti, dovrebbero almeno, e non dai leader...
Non si può dire che Ferrero rappresenterebbe il cambiamento, lo stacco dal passato, il nuovo, fino a 2 mesi fa era ministro della solidarietà sociale, una sorta di viceministro del Welfare, ed è lui che dopo la grande manifestazione del 20 ottobre non ha chiesto con forza delle modifiche al pacchetto welfare, è lui che non ha fatto valere quel milione e mezzo di manifestanti, è lui che ha supinamente accettato tutte le scelte del governo, e non può venire a dire che era contrario ad unire la sinistra, avrà espresso delle perplessità su come è stata fatta la lista e come è stata impostata la campagna, ma non era contrario all'unità, perché è da stupidi non volere l'unità!!!
Un'altra cosa: i comuni della Val di Susa hanno firmato l'accordo della Tav, va bè, hanno contribuito a realizzare il progetto, non so quanto incidendo sul risultato, ma comunque l'esito è questo: sarà fatto un tunnel di 57km...
Il tunnel del Monte Bianco, che è un po' più alto dei monti che separano la Val di Susa dalla Francia, è lungo 11,7km, lo so perché lo faccio più volte all'anno.
E' questo il progresso? Abbiamo bisogno di un tunnel di 57km solo per avere un treno che mi porti a Lione in 3 ore a 300km/h quando se per andare da Rho a Milano per studiare o lavorare a volte ci si impiega 1 ora e mezza, tra ritardi e soppressioni? Se è questo il progresso io preferisco essere conservatore, sì, sono un conservatore di sinistra!!!

Campeones

La Espana es campeon d'Europa!
Indubbiamente ha vinto la squadra più forte e con il miglior gioco, però rimane il fatto che hanno segnato almeno un goal in ogni partita in 90 minuti, solo contro l'Italia in 120 minuti non sono riusciti a segnare.
E ieri sera potevano farne 5 o 6, contro di noi quelle occasioni non le hanno avute, mentre la Germania ha fatto un tiro in porta grazie ad un errore difensivo, noi diverse occasioni le avevamo create...
Non si discute sul fatto che la Spagna fosse la squadra migliore, ma la Germania era lì grazie ad un calendario favorevole: han perso con la Croazia, han battuto il Portogallo, che aveva grandi individualità, ma non era una squadra, han battuto al 90° la Turchia che aveva 13 o 14 giocatori disponibili ed era senza i difensori e la punta titolari e sono arrivati in finale così...
Dopo questa finale i nostri dirigenti dovrebbero andarsene con la coda tra le gambe, perché è assurdo mandar via in 2 giorni un ct che non ha subito goal dalla squadra più forte ed è uscito per un rigore...
Come se fosse colpa del singolo ct se la mentalità tradizionale italiana è quella del chiudersi in difesa: se hai dietro una federazione, una stampa, la gente che hanno questa mentalità, o hai le palle e fai quello che vuoi, o ti adegui, visto che ci sono 57 milioni di commissari tecnici...
In ogni caso gli Spagnoli hanno dato una dimostrazione di gioco e di voglia ed entusiasmo nel gioco, non hanno mai smesso di attaccare e cercare di segnare pur essendo in vantaggio, in difesa quando recuperavano palla, non l'hanno mai sparata via a campanile o buttata fuori, hanno sempre tenuto palla e cercato il passaggio utile, in molti casi anche rischiando...
Comunque, dopo aver visto tante partite ed aver sentito gli inni nazionali, ho constatato senza più dubbi che l'inno italiano è il peggiore di tutti, ma perché non lo cambiamo?! Ogni stato ha l'inno adeguato al suo ordinamento istituzionale, solo noi ci dobbiamo tenere un inno che fa schifo e per di più è monarchico...
L'Italia di oggi non è quella uscita dal Risorgimento, è quella della Resistenza, allora perché non usare un inno legato alla resistenza, che è già inno nel sentimento di milioni di persone?!?
No, cari forzisti, anzi no, popolo della libertà, Bella Ciao non è una canzone di sinistra, è una canzone di libertà e democrazia, è la canzone di un popolo che ha deciso di farla finita con un regime violento ed oppressivo e con l'occupazione straniera, è la canzone di tutti, tutti quelli che amano la libertà, se a destra non l'amate, anche se vi fate chiamare "popolo della libertà", non è un problema nostro, o forse lo è...

mercoledì 25 giugno 2008

Miscellanea bis

Intanto "complimenti" al vescovo di Padova che ha mandato fuori dalla chiesa il giornalista che ha parlato di don Sante, il prete che si vuole sposare ed è stato sospeso a divinis...
Quando sento queste cose mi viene voglia di diventare protestante, tanto la chiesa valdese è dietro la Statale e sono amico del figlio del pastore...
Con don Sante aveva diritto di fare quello che voleva perché in fondo è un suo subalterno in qualche modo, anche se il vero "datore" non è né il vescovo né il papa, e in fondo ha contravvenuto al suo voto di castità e di celibato, ma con un giornalista che svolge liberamente il suo lavoro è una violazione della libertà di informazione, forse non sa che l'Italia è uno stato laico e democratico, a parte problema(non mi sto riferendo certo al nostro presidente del consiglio e ai suoi guai giudiziari)...
Ma a parte questo in Italia va tutto bene, no? Si stanno risolvendo i problemi di sicurezza, stanno togliendo i rifiuti dalle strade della Campania, non si fanno più i processi, perché lamentarci?
Va tutto benissimo...
In Italia c'è il reato libero, ma solo se sei cittadino italiano, se sei straniero vieni espulso(dopo un annetto e mezzo nei CTP-lager)o stai in galera tutta la vita, se sei italiano non si fa neanche il processo, se in più sei il presidente del consiglio o un suo amico, puoi anche ricusare il giudice comunista...
Che dire poi dell'eliminazione dell'Italia? Bè, mi sentivo che saremmo arrivati ai rigori, va sempre così quando alla vigilia si fa terrorismo sulla squadra avversaria, che gioca benissimo, è una corazzata, sono temibilissimi: ci si chiude e finisce 0 a 0...
Invece poi si è visto che non hanno neanche fatto chissà che cosa, con un po' di coraggio e fortuna in più avremmo anche potuto segnare, in fondo le occasioni più nitide le abbiamo avute noi...
Gli Spagnoli non hanno neanche da vantarsi tanto: hanno le prime 3 partite facendo cose straordinarie, giocavano contro una squadra che ha perso 3 a 0 con l'Olanda, che è stata avvinghiata dal catenaccio romeno e ha vinto contro una squadra fantasma, come minimo avrebbero dovuto vincere 4 a 0, l'arrivare ai rigori per loro è stata una sconfitta...
Ai rigori ci è andata bene una volta, quest'anno siamo tornati alla normale tradizione...
Ma soprattutto il problema è abbandonare la tradizione italiana del chiudersi in difesa, perché così quando giochi contro le grandi nazionali sai che al massimo arrivi ai rigori e il più delle volte li perdi, non sarebbe meglio giocarsela con uno spirito più offensivo e poi se si perde, almeno si esce con una reputazione positiva in campo internazionale e si evita di fare la figura dei soliti italiani? Questo pensavano nel 2006 e pensano quest'anno nel resto d'Europa sui giocatori italiani: sono furbi, cadono facilmente, si chiudono e al massimo segnano su contropiede o in circostanze roccambolesche, hanno un brutto gioco...
L'Olanda e il Portogallo sono uscite come noi nei quarti, peraltro prima dei rigori, ma l'immagine che hanno lasciato in questo europeo è molto migliore della nostra, migliore anche di quella che abbiamo lasciato 2 anni fa...
Ora tornerà Lippi, ma non so se sia una garanzia di successo, 2 anni fa la differenza rispetto a quest'anno è che quando ci trovavamo in area davanti al portiere la buttavamo dentro, mentre quest'anno abbiamo fallito occasioni che i bambini dell'oratorio avrebbero finalizzato...
Non abbiamo bisogno di cambiare ct, dobbiamo cambiare mentalità!!!
Poi le altre nazionali erano piene di giocatori di colore, giocatori di origine brasiliana o di altri paesi, la Francia multietnica ha vinto i mondiali del 98 e gli europei del 2000, oltre ad aver perso in finale i mondiali 2006(quest'anno erano troppo vecchi e stanchi), ho visto un spot che viene visto in questi giorni in Germania con i genitori di giocatori di varie nazionali(maggiore, under 21, femminile)che si ritrovavano a guardare la partita e c'era una madre di origine ghanese, chi di origine polacca, chi turco, chi latinoamericano, un bellissimo spot, in Italia invece abbiamo la Bossi-Fini, il pacchetto sicurezza di Maroni e la gente vota la Lega e fa le ronde, rimaniamo indietro anni luce anche per questo...

lunedì 23 giugno 2008

Eh vai! La Dal Molin non si fa!

Dal Molin illegale. Il Tar blocca i lavori della base
Chiara Spadaro
[20 Giugno 2008]

Il Tribunale amministrativo regionale [Tar] del Veneto si è espresso sulla vicenda Dal Molin: accogliendo il ricorso del coordinamento dei Comitati No Dal Molin e dell’associazione dei consumatori, Codacons, il Tar ha giudicato illegittimo il progetto di costruzione della nuova base militare Usa a Vicenza.
Per il determinato movimento che da due anni si oppone ad un Dal Molin militare è un giudizio fondamentale, che restituisce ai cittadini la dignità calpestata dal governo locale e nazionale. «È una sentenza importantissima – dice Marco Palma del Presidio Permanente – che smaschera le falsità di chi ha sempre ignorato la cittadinanza e calpestato la democrazia partecipativa, oltre a mostrare il grave impatto sul territorio che avrebbe la base».
Anche il presidente del Codacons, Carlo Rienzi, definisce la sentenza del Tar «di importanza estrema, una vittoria di tutti i cittadini. I giudici – sottolinea Rienzi – non solo hanno riconosciuto le tesi sostenute dalla nostra associazione, ma hanno ribadito con fermezza l’importanza dell’opinione dei cittadini in merito a questioni che riguardano direttamente il territorio e l’urbanistica».

Sono diverse le irregolarità denunciate dal Tar. Innanzitutto, il tribunale ha accolto i dubbi sulla Valutazione di incidenza ambientale [Vinca] depositata dalla Regione. Nonostante tale valutazione si riferisca al «progetto ovest», sembra infatti parlare del vecchio progetto, sul lato est dell’aeroporto. «La sentenza – commenta Guido Lanaro del Presidio Permanente – smaschera la farsa della Vinca rilasciata dalla Regione su un progetto inesistente».

Il Tar ha giudicato illegittimo anche il bando di gara, «effettuato senza la procedura di evidenza pubblica prevista dalla legge». Inoltre, il consenso espresso dal governo Prodi alla base è stato giudicato dal Tar «extra ordinem», poiché espresso solo oralmente, «senza una assunzione di responsabilità formale e scritta del governo» e tale «da non essere assolutamente compatibile con l’importanza della materia trattata con i principi tradizionali del diritto amministrativo e delle norme sul procedimento».
Il Tar si è poi espresso sul grave impatto ambientale del progetto, riferendosi al «consistente insediamento [e della connessa antropizzazione] sulla situazione ambientale», al traffico e al connesso «incremento dell’inquinamento», oltre che al «rischio di danneggiamento e alterazione delle falde acquifere».

Come se non bastasse, secondo il Tar sussistono «altri profili di illegittimità, alla luce della normativa nazionale ed europea», per quanto riguarda l’insediamento delle nuove strutture militari al Dal Molin, ma anche la realizzazione delle relative opere sul territorio circostante. Infine, il tribunale ha rilevato la grave mancanza della «consultazione della popolazione interessata».

Per queste ragioni, i giudici hanno sospeso l’efficacia dei provvedimenti sul Dal Molin, «inibendo nei confronti di chicchessia l’inizio di ogni attività diretta a realizzare l’intervento e ciò sotto l’intervento e il controllo degli organi del comune di Vicenza competenti in materia di edilizia e urbanistica». «Continueremo comunque a mobilitarci – spiega Marco Palma – confermando gli appuntamenti dei prossimi giorni e vigilando sull’osservanza della sentenza, affinchè gli americani non avviino i lavori al Dal Molin».
Il primo appuntamento è già per domani: in diversi banchetti nei quartieri della città i No Dal Molin lanceranno la loro «campagna d’estate». Una giornata per dialogare con i cittadini, festeggiare insieme il risultato odierno e rilanciare le prossime iniziative.
Giovedì 26 giugno, infatti, il consiglio comunale dovrebbe approvare una delibera contraria all’ordine del giorno con cui la precedente amministrazione acconsentì ai progetti statunitensi.
L’appuntamento per quel giorno è alle ore 16 in piazza dei Signori: per ribadire il No alla nuova base con rinnovata legittimità.

giovedì 19 giugno 2008

Dal Manifesto per la Rifondazione (mozione Vendola per il congresso del Prc)

PER UN PROCESSO COSTITUENTE DELLA SINISTRA, LE RAGIONI E LA
PRATICABILITÀ DI UNA PROPOSTA DI FUTURO
L'esistenza del Partito della Rifondazione Comunista non è un bene disponibile, se non alla
collettività di donne e uomini che lo incarna: non è stato e non è tema di discussione il suo
scioglimento, tanto meno può esserlo in una situazione nella quale tutto è da riconquistare e
ricostruire, la sua credibilità e la sua presenza nella società come quelle d'una soggettività di
sinistra in generale. Non ci servono, oggi, né scorciatoie né formule magiche. Non ci sono “strade
maestre” già tracciate se non quella di bandire ogni presunzione di autosufficienza e, anzi, di fare
della non autosufficienza la bussola del nostro agire, nelle relazioni con altre e altri da noi e tanto
più nelle relazioni tra di noi. Senza condivisione non c'è costruzione di comunità, men che meno lo
slancio unitario che occorre a fare materia viva della necessità d'una sinistra alternativa grande e
nuova.
Non ci sono marchingegni che tengano: una forma di federazione è già stata sperimentata,
proprio nella coalizione che ha prodotto le liste della “Sinistra, l’arcobaleno” e il fallimento si è
rivelato inequivocabile. E anche se praticato diversamente, un modello federativo non supera il suo
limite di fondo, perché non scioglie la questione della decisione politica e della sua
rideterminazione in una pratica che non la mantenga più, per quanto nascostamente, sotto
l'assoluta sovranità dei gruppi dirigenti di singoli soggetti partitici. La soluzione federativa non
farebbe che moltiplicare, al ribasso, la logica mediatoria e la farraginosità del processo decisionale,
determinando quindi un pesante deficit insieme di efficacia e di democrazia. Anche l’ipotesi di
“partiti unici”, cioè la semplice unificazione integrale di ciò che già esiste in un unico partito, non
regge perché non fa i conti con la critica, che nel nostro caso è stata appunto insufficiente, della
forma partito novecentesca. Un nuovo soggetto politico, che sia unitario sul piano politico e plurale
su quello delle culture e delle esperienze che lo compongono, una nuova sinistra cioè, non può
nascere all’interno di forme vecchie.
Quel che ci serve è quindi una proposta politica chiara, capace di mettere al lavoro il Partito, la
sua militanza, la sua area di riferimento: e capace soprattutto di parlare a quel vasto popolo che
non si rassegna ad un Paese senza sinistra. Quel che serve a sua volta a una tale proposta,
affinché possa essere agita concretamente, è la consapevolezza che essa deve segnare una netta
discontinuità. Discontinuità che si misuri con le contraddizioni sin qui accumulate tra i nostri
enunciati e le nostre pratiche, sciogliendole senza più rinvii possibili. Discontinuità nei confronti di
forme, contenuti e linguaggi dell'agire politico, consunti e muti per la materialità della vita delle persone e per l’esigenza di rivoluzione di senso del nostro presente, che se non superati mettono
in causa la possibilità stessa di concepire una politica di sinistra per il futuro. Discontinuità rispetto
ad un concezione della politica separata dai corpi reali e vivi di donne e di uomini che pretende di
rappresentare e che debbono poterne essere invece i soggetti costitutivi.
4a – L’avvio di un processo costituente
Ciò che dunque è necessario, anzi decisivo per un avvenire del nostro patrimonio politico e per
quello di un campo alternativo della sinistra in Italia, è l'avvio di un vero e proprio processo
costituente. Che non ha e non può avere oggi esiti precostituiti, ma che si realizzi intorno ad un
obiettivo limpido: costruire una nuova soggettività della sinistra, nella politica, nella società e nella
cultura di questo Paese. Un processo costituente a dimensione unitaria completamente rimotivata
nel “qui ed ora” dei compiti di opposizione generale che sono oggettivi e incombenti: perciò aperto
in tutto e per tutto e fatto per rivolgersi, attraverso e oltre tutti i soggetti politici già ora disponibili, ai
corpi sociali e singolari che resistono alle politiche dominanti, ogni giorno e ad ogni livello. Un
processo costituente che muova dal molteplice che è oggi il campo del conflitto e dell'alternativa,
grazie al quale questa pluralità di esperienze e di soggettività diventino protagonisti della
trasformazione.
Un processo costituente così concepito, come si vede, racchiude un’opzione di netta discontinuità
con l’esperienza della “Sinistra l’arcobaleno” e dischiude il confronto al riconoscimento di una
semplice quanto evidente verità: non nasce nulla di nuovo e di grande, a sinistra, se non rinasce
nei territori, dal basso, da pratiche di autogestione e di autodeterminazione. Se non si rompe con il
verticismo che ha caratterizzato quell’esperienza.
Da parte nostra, va messo a disposizione il nostro patrimonio di idee, con tutto ciò che rappresenta
ancora la nostra capacità di iniziativa politica, deponendo ogni volontà di primato o primazia.
Dobbiamo contemporaneamente correre e cercare la strada. Dobbiamo produrre senso, liberando
nuove analisi e nuove idee che ripropongano l’attualità di una sinistra del XXI secolo. Dobbiamo
sapere produrre e sperimentare un’innovazione organizzativa, essendosi rivelate esauste le
vecchie forme. Dobbiamo saper rilanciare e fare patrimonio dell’esperienza della Sinistra Europea
che nella sua fase nascente, dentro limiti e contraddizioni che pure debbono essere attentamente
ragionati e riflettuti, ha praticato come possibile la pari dignità tra soggetti diversi. Dobbiamo
stabilire veramente un nesso fondativo tra la nostra iniziativa politica e la dimensione europea del
conflitto, della questione sociale e della questione democratica. Dobbiamo saper valorizzare e
moltiplicare la risorsa delle molte “Case della Sinistra” le quali, sorte nei territori nel corso della
campagna elettorale, costituiscono un’intuizione che trascende la contingenza e il breve respiro di
un comitato elettorale. Dobbiamo essere più coraggiosi nell’innovazione che pure era stata
rimessa a tema nella Conferenza di Carrara, traducendola in concretezza e praticando il “fare
società” come asse prioritario della nostra proiezione nei territori, intesi come localizzazioni geografiche, così come della produzione e della socialità posti in una mutata relazione, non più
gerarchica e subordinata con il “centro”. Dobbiamo saper avviare libere cessioni di sovranità per
determinare orientamenti e decisioni e a partire da qui sperimentare l’unità e la condivisione dei
compiti, aprendovi gli stessi processi di formazione di nuovi gruppi dirigenti. Dobbiamo fare
finalmente i conti con il simbolico politico maschile che presiede alla “macchina” ereditata dal
Novecento e, ancor più, dobbiamo saper pronunciare la sua crisi e, per questa via, riconoscere
fattivamente il carattere sessuato dei soggetti e dei conflitti.
4b – La sinistra diffusa
Esiste e vive nel Paese un arcipelago di sinistra diffusa. Esiste e vive al di qua e al di là del terreno
della rappresentanza: nei movimenti, nelle reti solidali, nelle associazioni, nei percorsi di
autogestione, nelle pratiche di tutela e riappropriazione dei beni comuni e di affermazione dei diritti
sociali, nelle comunità di lotta, in quelle di libera scelta sessuale e di vita, nei gruppi di donne, nel
lavoro sindacale, nelle strutture e nei tessuti culturali, nei servizi di pubblica utilità e nelle
esperienze di nuovo mutualismo, nei gruppi di intervento, in quelle aree del mondo cattolico che
resistono alla normalizzazione ratzingeriana, nei centri di libero pensiero e di difesa della laicità.
Qui, in questa molteplicità, vi sono i possibili protagonisti di un processo che, nei termini necessari,
non è mai realmente cominciato. Ora esso si presenta con i caratteri della straordinarietà e
dell’urgenza. Non ci sono più deleghe possibili, né tanto meno deleghe in bianco. Non c’è più una
rappresentanza solida, né tanto meno consolidata. Un simile processo può vivere solo se si
spalanca, nel suo stesso proporsi, a sperimentare il superamento di ogni forma tradizionale sul
terreno dell'organizzazione, tanto più quindi di ogni impulso ad “esportare” la tradizionale formapartito
o a ridurvi la complessità delle relazioni e dei protagonisti necessari. Un simile processo
può vivere solo se, soprattutto, si apre da subito a quel che già esiste ed è disponibile, fluito dai
percorsi dei movimenti di questi anni e vissuto da molte e molti in termini di allargamento e
approfondimento della democrazia, di contro al suo restringimento e alla sua “semplificazione”
nelle pratiche di potere: esistono e sono disponibili elaborazioni e laboratori di democrazia
partecipativa e deliberativa. Ad essi deve attingere oggi una sinistra, per vivere davvero. E così
possono moltiplicarsi ora le “Case della sinistra”, dai territori, aggregandosi intorno ai temi fondanti
della lotta per la pace, della liberazione del e dal lavoro, della critica ambientalista dello sviluppo e
della difesa della Terra; e applicando quelle innovazioni di processo democratico per tutto quanto
riguarda la decisione comune, tra eguali.
Solo a queste condizioni e con la partecipazione, l’assunzione diretta di responsabilità, l’impegno
non episodico si potrà garantire la forza di un tale processo e condurlo ad un esito positivo. E solo
così si potrà, com’è necessario per il bene della democrazia stessa in Italia, riaprire anche la
questione di un’autonoma rappresentanza di sinistra, aggiornandola e rimotivandola nella sua
utilità.
Noi proponiamo che questo congresso sia davvero il congresso del rilancio e della rinascita: per il
nostro Partito e per la sinistra del futuro. Non è detto, alla fin fine, che questo sia l’anno zero. Noi,
certo, non santifichiamo e non cristallizziamo nulla, non inseguiamo nuove dogmatiche, siamo
disponibili a passare al più sottile dei setacci tutte le nostre persuasioni, vagliando fino in fondo “ciò
che è vivo e ciò che è morto” nella nostra avventura culturale e politica. Ma non possiamo
rinunciare alla scelta fondamentale: l’innovazione. La revisione incessante, nonché la verifica
fattuale, delle nostre proposte e proposizioni. Non possiamo lenire le nostre pene preconizzando
ritorni al passato, come quello prospettato da una “Costituente comunista” che si presenta con i
caratteri non solo della nostalgia, ma del minoritarismo settario e nominalistico. Possiamo invece
investire il nostro patrimonio nell’impresa alla quale oggi le nuove comuniste e i nuovi comunisti
sono chiamati: la rifondazione di una sinistra grande e moderna, di popolo e di alternativa. Un
lavoro di lunga lena, che chiederà tempo e pazienza, che non ha approdi certi, ma che costituisce
un’avventura affascinante che vale la pena di vivere.
Per noi è la strada maestra sulla quale, dentro e oltre questo nostro congresso, possiamo
ricominciare il cammino.

martedì 17 giugno 2008

Biscotto?

Tutti parlano di biscotto per stasera, ma il biscotto è un accordo tra due squadre per concordare il risultato in anticipo, ma in questo caso non c'è neanche bisogno, l'Olanda può far tutto da sola, deve solo fare in modo di perdere, non andare mai in avanti e lasciar spazio in una delle poche manovre della Romania alternative al solito catenaccio... Chi non lo farebbe? Puoi eliminare in una sola volta campioni e vicecampioni del mondo...
In ogni caso, tra Turchia e Romania, è l'Europeo del catenaccio, chiuditi, aspetta, poi fai un'azione in avanti, ti va di culo, segni e vinci... Magari dormi tutto il primo tempo, come la Turchia contro la Svizzera e la Rep. Ceca, mannaggia, io dovevo tifarle entrambe perché ho degli amici e sono state entrambe eliminate! Per non parlare della Polonia(conosco una miriade di gente), ma lì l'impresa era disperata, una squadra inesistente...
Si vede che porto male, forse stasera non dovrei veder la partita...

venerdì 13 giugno 2008

Miscellanea

1)Come la zucca ciellina, il nostro sindaco spende i soldi
Il sindaco si è giustificato del ritiro di Rho dal coordinamento delle città per la pace e del fatto che Rho non sia più città per la pace col fatto che erano stati spesi 80000€ e voleva risparmiare. A parte il fatto che è stato letteralmente smentito perché quegli 80000€ sono stati spesi bene e non solo per l'adesione, ma per tutte le iniziative sull'integrazione e il dialogo tra le culture(multicultura a lui non piace), iniziative che non si faranno più. Poi che cosa ha guadagnato Rho da questo e altri risparmi? Le tasse comunali non sono diminuite, anzi la tassa sui rifiuti è aumentata, l'Ici era rimasta uguale prima che venisse abolita a livello nazionale, anche se forse quest'anno si pagherà ancora. I servizi non sono migliorati, anzi, la biblioteca comunale non apre più il sabato pomeriggio. In cosa spende l'amministrazione? Nell'organizzare concerti, nel far venire Fabri Fibra, i Sonora e i Gemelli diversi, piaceranno(a me fanno cagare), ma non è una priorità, e ci godo per il fatto che ieri sera piovesse su Fabri Fibra, spero che piova anche stasera, così la giunta se la prende nel ...
2)Le intercettazioni
Dopo il decreto salva rete4 è arrivata un'altra legge ad personam: non si potrà più intercettare a fini di indagini se non per criminalità organizzata(ma se è favoreggiamento individuale come quello di Cuffaro non vale)terrorismo e pochi altri reati(se non fosse stato per la Lega non sarebbero neanche rientrati), poi parlano di sicurezza e legalità, insomma la morale: il ragazzino Rom che ruba una bici o una borsetta per sopravvivere va in carcere per tutta la vita, il manager in giacca e cravatta che ruba milioni di euro dalla sua scrivania e non può esser beccato se non intercettato la fa france e magari diventa anche cavaliere del lavoro e va a Palazzo Chigi... Questa è la nuova Italia, forse è questo che la gente vuole, ma andate a mori' ammazzati!!!
3)Non si può non parlare della Nazionale...
Come succede da quando esiste l'Italia, finché si vince anche per un goal fortuito o in fuorigioco, l'allenatore e i giocatori sono bravissimi, quando si perde, anche per un goal in fuorigioco e non aver buttato dentro palle-gol che altre volte erano finite in porta, son tutti bambaccioni, il ct è un coglione, ecc...
La gente cade dal pero, si sapeva che Donadoni non è Lippi, si sapeva che non è chissà che cosa, poi un milanista, cosa volete che faccia?
Ci si rende conto solo dopo la sconfitta che senza Cannavaro la difesa è fragile, che col trio milanista di scoppiati a centrocampo non si va da nessuna parte, si sapeva che Toni non era in grande forma, però se per caso il primo goal fosse stato annullato e avessero segnato in qualche occasione del secondo tempo e ci fossimo in qualhce modo salvati si sarebbe andati come se niente fosse...
Ma stasera ci affidiamo a Sant Alex, che ogni volta viene criticato, attaccato, considerato di secondo piano, poi è il salvatore, già l'altra sera appena è entrato lui è cambiata la partita e si poteva anche pareggiare.
Però ieri sera quanto hanno pagato gli Austriaci per avere quel rigore assurdo al 93°?! Solo così potevano segnare... Poi parlano male di noi italiani...
4) E' tornato l'idillio Silvio-George, il cavaliere tappo brianzolo e il cow boy texano dal grilletto facile, Silvio è tornato a fare lo schiavetto di Bush,sono in sintonia su tutto, però stavolta dura solo 6 mesi perché alla fine dell'anno potrebbe trovarsi davanti Barak Obama come "capo"...

mercoledì 11 giugno 2008

Foglio di via

Allontanamento per motivi di pubblica sicurezza, di morale e di giustizia dal territorio nazionale per il cittadino extracomunitario George W. Bush con effetto immediato! Bush, vattene!!! No alla guerra, sì alla pace! Sì al rispetto del protocollo di Kioto e dell'accordo di Bali! Sì al Tribunale internazionale dell'Aia! Via Bush, vogliamo Barak Obama presidente!
Non posso dire yes we can perché mi verrebbe in mente Veltroni...

martedì 3 giugno 2008

Lettera aperta sul partito e sul dolore

di Nichi Vendola

Caro Paolo Ferrero, caro Claudio Grassi,

vi scrivo pubblicamente perché sento che la nostra vicenda politica sta per toccare un punto di non ritorno. La discussione congressuale è diventata un’arena per gladiatori, con un livello bassissimo di analisi e approfondimento e, viceversa, con un tasso crescente di “militarizzazione” del partito. Un minuto dopo la sconfitta elettorale mi ero permesso di chiedere a tutta la nostra comunità, così dolorosamente ferita, di non imboccare l’abbrivio della ricerca dei “colpevoli” o delle rese dei conti interne ai gruppi dirigenti. Siamo tutte e tutti sconfitti e tutte e tutti bisognosi di capire le ragioni profonde della nostra marginalità, e dunque bisognosi di ritrovare quelle passioni forti che ci danno il fiato e il coraggio per rimetterci in cammino. Invece si è scelto il peggio: giudizi sommari e offese personali hanno guadagnato la scena pubblica, i sentimenti si sono stravolti in risentimenti, la cultura del sospetto invade i blog e rompe relazioni politiche e anche antichi rapporti umani. Che tristezza! Siamo finiti in questo copione grottesco, una lunga estenuante rissa dopo una drammatica sconfitta. E io sono un target facile per campagne, anche diffamatorie, più adatte a “Libero” che non a “Liberazione”. Davvero io voglio sciogliere il partito? O voglio portarlo, udite udite, nel Pd? O voglio piegarlo al mio “leaderismo poetico”? O voglio gonfiare il tesseramento? O voglio portarlo su posizioni clericali? O voglio sostituire la mummia di Lenin con quella di Padre Pio? O voglio la Tav? E domani cosa si dirà, che la mia candidatura è un imbroglio (già detto), anzi è una insidia della stampa borghese (già detto), anzi è un epifenomeno di veltronismo (già detto). Se continua così non c’è alcun rischio di scioglimento del partito. Perché ci accorgeremo che nella foga congressuale lo avremo già strozzato, questo povero partito. Perché ognuno di noi si sentirà già sciolto: nell’acido di una polemica cattiva e insensata.

Caro Paolo e caro Claudio, non ho mai avuto una tale concentrazione di dolori (privati e pubblici insieme) come in questi durissimi mesi. Sono stato assediato da fatti di morte e di malattia che, per così dire, hanno accompagnato la scossa violenta del 14 aprile. Mi sono sentito scorticato vivo e ho pensato che ci saremmo presi cura gli uni degli altri, come si fa in una comunità solidale nella quale le differenze sono ricchezza e non minaccia. Ma le cose che leggo, quelle che ascolto, sono di una tale violenza che mi sta passando come una nuvola nera in testa: un genere speciale di dolore, direi uno svuotamento di senso, come un lento soffocamento. Se mi guardo attorno, se vedo i giorni e le notti di quest’Italia ridisegnata e “significata” dalle destre governanti, se annuso la puzza di bruciato di tutte le pulizie para-fasciste che spazzolano il Paese, allora capisco l’urgenza di rimettere insieme un argine democratico, una difesa civile e culturale, una rete di soggetti che non si piegano al nuovo conformismo autoritario. Vedo il lavoro necessario a cui dovrebbe dedicarsi Rifondazione Comunista. Questo partito io, fin dalle origini, ho contribuito a costruirlo: nelle strade polverose prima che nelle istituzioni. Io pensavo fosse giusto e cruciale portarlo ad un cimento assai alto: quello di mettere in campo un processo costituente che ricostruisse il vasto campo della sinistra. Altro che scioglierlo, piuttosto farlo vivere come strumento efficace, socialmente utile, per le giovani generazioni, per il lavoro frammentato e abbandonato alla solitudine del mercato mondializzato, per le diversità che chiedono diritti e la luce del sole, per un altro modello di sviluppo. Sulle tracce di quell’altro mondo possibile che abbiamo prefigurato e desiderato, ed eravamo moltitudini immense, a Genova. Volevo fare un Congresso su queste cose. Non voglio passare il mio tempo a difendermi da livide fantasie. Anzi, vi dico che non mi difenderò: anche perché sono un comunista di lungo corso, forse antico, ma se sento il profumo dell’odio non respiro forte, non mi inebrio, non mi rinvigorisco. Semplicemente, io mi spezzo.

Il ministro per le riforme

Sul neoministro per le riforme ovviamente la biografia e la carriera politica non servono perché sono note, mi limito ad inserire i procedimenti giudiziari:
Il 5 gennaio 1994, al processo Enimont Umberto Bossi ha riconosciuto la colpevolezza dell'amministratore del movimento Alessandro Patelli relativamente ad un finanziamento illecito ricevuto dallo stesso da parte di Carlo Sama della Montedison. Dopo aver restituito integralmente la somma di 200 milioni di lire, raccolta dagli stessi militanti leghisti, e dopo l'allontanamento dal partito di Patelli, è stato condannato con sentenza definitiva dalla Cassazione a 8 mesi di reclusione per violazione della legge sul finanziamento pubblico ai partiti.

Bossi è stato in seguito condannato per il reato di vilipendio alla bandiera italiana per averla in più occasioni, il 26 luglio e il 14 settembre 1997, pubblicamente offesa usando, nella prima occasione la frase "Quando vedo il tricolore mi incazzo. Il tricolore lo uso per pulirmi il culo", nel secondo caso, rivolto ad una signora che esponeva il tricolore, "Il tricolore lo metta al cesso, signora", nonché di aver chiosato "Ho ordinato un camion di carta igienica tricolore personalmente, visto che è un magistrato che dice che non posso avere la carta igienica tricolore".

Per la prima affermazione, Bossi è stato condannato il 23 maggio 2001 ad un anno e quattro mesi di reclusione, con la sospensione condizionale della pena; il 15 giugno 2007 la Prima sezione penale della Cassazione, respingendo il ricorso presentato dalla difesa, lo ha condannato in via definitiva. Per il secondo evento si è ricorso alla Camera, nel gennaio 2002, che non ha concesso l'autorizzazione a procedere nei confronti di Bossi (allora ministro delle Riforme) per l'accusa di vilipendio alla bandiera, ma la Consulta ha annullato la delibera di insindacabilità parlamentare, nella sentenza 249 del 28 giugno 2006.

All'inizio del 2006 la pena prevista per il reato di opinione è stata modificata, dall'originaria detentiva (che prevedeva fino a tre anni di reclusione), ad una pecuniaria (multa fino al massimo di 5000 euro). Bossi ha chiesto poi che anche la multa gli venisse tolta, in quanto europarlamentare, ma la Cassazione ha rigettato il ricorso confermando la condanna a pagare 3 mila euro di multa.

Bè, uno che col tricolore si pulisce il culo e fa il ministro della repubblica italiana è già qualcosa di inaccettabile, se poi si aggiunge il reato finanziario(che non poteva mancare) proprio da uno cha ha iniziato a far politica attaccando questi fenomeni che secondo lui avvenivano solo da Roma in giù...
Senza contare il fatto che uno che ha avuto l'ictus, per quanto possa essersi curato in una clinica di Lugano e per quanto prenda litri di insulina e chissà quale altra sostanza che lo tiene in piedi, non può essere a posto con la testa, infatti se vediamo quello che dice...

domenica 1 giugno 2008

2giugno

Domani,tra meno di 2 ore, è il 2 giugno, la festa della Repubblica, almeno teoricamente...
Sia a Roma, sia nelle altre città, anche Rho, le celebrazioni per le repubblica consistono nelle parate delle forze armate, ma che senso ha? Che cosa vuol dire? Il 2 giugno 1946 più di venti milioni(spero di non sbagliare sui numeri, ma non posso ricordare, non c'ero!) di italiani sono andati a votare per scegliere la forma stato della nuova Italia uscita dal dopoguerra e poco più della metà(i maligni dicono grazie a brogli) ha scelto la repubblica e allora noi domani celebriamo questa libera scelta del popolo italiano! Che cosa c'entrano i militari?! Quelli già fanno parate il 4 novembre, il 24 maggio e non so quanti altri giorni, il 2 giugno lasciatelo ai civili, soprattutto a chi crede nella pace!
E allora, visto che Rho, grazie alla nuova giunta e ad un voto in consiglio comunale, non è più città per la pace, andiamo in piazza con le bandiere della pace e riprendiamoci questa festa!
L'idea non è mia, è di Sofia di Giovani Idee, diamo a Cesare quel che è di Cesare...